L'ALTRA FACCIA DEI SETTORI GIOVANILI ITALIANI

(di Marco Fanuli) 


Qualche giorno fa ci è giunta una lettera di una cara lettrice di Promesse del calcio, zia di due giovani promesse toscane. Premetto che non siamo riusciti ad accertare totalmente la veridicità delle sue parole, ma non si fa fatica a credere che anche a livello giovanile esistano dinamiche piuttosto "bizzarre" per cui un giovane calciatore riesce ad emergere solo grazie all'intervento di bravi procuratori o di genitori e dirigenti senza scrupoli e non per la reale bravura dimostrata sul campo.
La lettera, oltre ad offrire diverse riflessioni sulla gestione dei ragazzi nei settori giovanili, è una richiesta d'aiuto su come continuare a mantenere acceso il sogno dei suoi due nipoti, destinato altrimenti a rimanere tale (ogni consiglio è ben accetto). 
Di seguito la sua lettera in forma anonima:




"Buonasera,
sicuramente riceverete tante mail di questo genere, ma spero possiate dedicarmi 2 minuti per leggere la mia e suggerirmi una possibile soluzione.

Ho due nipoti [...], che hanno dedicato tutto il loro tempo libero al calcio, contesi fin da piccoli dalle scuole calcio della propria città  - dove hanno militato per qualche anno - fino al grande salto nel settore giovanile di un'importante squadra di Serie A.
Non potevano immaginare che si sarebbero scontrati contro un mondo così corrotto: genitori disposti ad ogni tipo di compromesso pur di garantire un futuro calcistico ai propri figli, tutto questo con la complicità di dirigenti senza scrupoli. E a nulla sono servite le convocazioni in Nazionale U16 per lo stage a Doha.

Per farla breve, stanchi di vedere autentiche "sòle" passare davanti, hanno accettato la corte di un club di Lega Pro, cambiando società, ma non il modo di pensare e di comportarsi: due "ragazzi squadra" sempre pronti al sacrificio e ad onorare la propria maglia, benvoluti da tutti tranne che dagli sponsor, che vedevano i propri pupilli messi da parte proprio a causa di chi sapeva e sa addomesticare la palla. Infine, la convocazione in prima squadra ha definitivamente compromesso ogni tipo di rapporto con la società: il loro allenatore della Berretti anziché gioire, inizia una guerra senza pari, smette di farli giocare, umiliandoli e facendoli allenare in solitudine fino a quando, per orgoglio e dignità, decidono di lasciare il club e di dedicare il proprio tempo esclusivamente allo studio. [...] La cosa ancora più assurda è stata la campagna contro di loro. Tutto questo perché ho sempre parlato chiaro e senza sottintesi sulla gestione scellerata della squadra.

Oggi per fortuna in società è cambiato tutto. A 19 anni, uno dei due è senza squadra e senza la possibilità di provarci ancora [...] Vi chiedo solo un consiglio: cosa mi suggerite di fare? Loro non hanno un procuratore e soprattutto, non vogliono “comprarsi” l’accesso in una squadra. Vogliono solo fare vedere cosa sanno fare."


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